Kurayami

Sentirsi inadeguati perché non abbastanza discriminati.

Per un brevissimo periodo ho dovuto frequentare un gruppo chiamato "L'Arca" che era gestito da due ragazzi con idee abbastanza bizzarre sull'origine dell'omosessualità – affermavano che la sua causa era dovuta all'emancipazione della donna – che puzzava tremendamente di pseudoscienza, spiritualità New Age e altre stronzate. Il tutto per promuovere centri di meditazioni sparsi per le montagne che costavano un occhio della testa. Con gente che parlava di vite passate e… scusa, mi sto perdendo nei ricordi.

Il gruppo era frequentato da persone con problemi di varia natura: c'era a chi gli era morto un figlio; chi aveva divorziato; chi era stato da poco licenziato; chi aveva problemi con il gioco d'azzardo ed ecc… tanti disperati pronti per essere spennati. Un giorno uno degli organizzatori ci aveva proposto un gioco in cui dovevamo sederci l'uno di fronte all'altro, a coppie, per parlare dei nostri problemi e a me era capitata un'anziana a cui gli era appena morto il figlio.

L'aspettativa è una brutta bestia. Mi trovavo in un contesto in cui le persone che avevo attorno si aspettavano dei problemi da parte mia, tali da non risultare offensive nella loro banalità a una persona che mi aveva appena parlato della morte del suo unico figlio. In quel momento l'unica cosa che mi venne in mente fu di inventarmi una storia e questa storia mi ha reso, momentaneamente, parte di quel gruppo.

Con il senno di poi si potrebbe dire che l'invenzione della storia era un'azione offensiva verso gli altri membri del gruppo ma da tale storia dipendeva la mia sopravvivenza in quel gruppo sociale, in quanto ero inadeguato a esso, e nella sua costruzione ho reinterpretato elementi realmente esistenti nella mia vita. Nella costruzione della bugia mi sono reso vittima attraverso la mia stessa narrazione.

Quanto è pericoloso tutto ciò?


Mese scorso ho visto questo video di 151eg – persona e produttore di contenuti che, nonostante possa non sembrare per il modo in cui mi porrò, stimo moltissimo – e mi sono ritrovato di fronte all'anziana che mi parlava del suo figlio, e unico parente, appena morto.

Io, nonostante non sia una persona che se ne va in giro per locali, ho avuto potenzialmente soltanto relazioni omosessuali. Di fatto se fossi stato un eterosessuale avrei vissuto idealmente ciò che questa persona indica come… ciò che si prova a essere Gay.

Non è comico?

Nel momento in cui si parla di "comunità LGBTQ+" (Che per semplicità chiamerò Queer), quindi nel momento in cui rientrano tutte le dinamiche che comportano il senso di appartenenza a un gruppo, che per di più non si è scelti, quanto può danneggiare questo onnipresente vittimismo che sembra la vera e unica caratteristica di tale gruppo?

Soffri abbastanza a causa della società per considerarti parte della comunità Queer?

Questo problema a parer mio è dovuto dal fatto che si parla di una comunità riferendosi a singoli individui per una loro caratteristica psicologica quando questo termine dovrebbe riferirsi alle organizzazioni che si occupano dei problemi di questi. Mischiare i concetti comporta nell'identificarsi nei problemi, comporta che chi ha un dato orientamento si fissi su problemi anche quando questi non sono percepiti come tali, comporta che per sentirsi adeguati al proprio orientamento questi problemi c'è li costruiamo da soli.

Questa non è sensibilizzazione, questa è la creazione di un nuovo stereotipo che la stessa categoria che la subisce deve interpretare per pressione sociale.

Il ragionamento distorto è reso particolarmente evidente dal discorso (Minuto 7:20) che nasce dalla seguente domanda A te non salgono i sensi di colpa? al riguardo dell'olocausto. La risposta data è corretta ma le motivazioni sono errate. Il senso di colpa dovrebbe non venirci perché non abbiamo alcuna colpa di azioni, ne dirette e ne indirette, compiute da persone che non siamo noi. Singoli individui. Non perché ci piace il cazzo e quindi dobbiamo metterci, nuovamente, nel ruolo di vittime. Hitler era ebreo e dunque seguendo questo ragionamento dovremmo considerarla una vittima dell'olocausto. Molti nazisti erano omosessuali, non erano tutti "maschi, bianco, etero e cis." unica categoria che pare che debba sentirsi in colpa per l'olocausto. Ignorando che di mezzo ci finivano anche oppositori politici e quindi ci finirebbe chiunque attualmente non appoggi pubblicamente il nazismo.

Lagnarsi non genera empatia.


Quando si ha l'abitudine di vedersi sempre nel ruolo della vittima spesso ci si dimentica che tutti, ogni singolo individuo, vive i propri problemi e il come li vive dipende esclusivamente da come li percepisce, tanto che per alcuni individui alcuni problemi non sono nemmeno da considerarsi tali.

Parliamo pure dei problemi ma evitiamo di identificarci in essi, evitiamo di pretendere che i nostri problemi siano in qualche modo speciali, che siano una nostra esclusiva e che chi non appartiene al nostro gruppo non ci possa capire e in contempo con la pretesa che debba farlo chi è nel nostro come se percepissimo i problemi tutti allo stesso modo. Perché può essere questa pretesa il primo dei loro problemi.