Kurayami

Perché l'articolo di The Games Machine non è così insensato come tutti vanno a dire.

Sono una persona molto semplice: Prima di leggermi un articolo mi ascolto le opinioni di chi lo critica, mi faccio un'idea di ciò che la gente ha compreso o su ciò che ha attirato di più la loro attenzione e solo alla fine mi faccio un'idea personale leggendo il testo vero e proprio. Spesso, ho notato, che il valore di tale articolo è inversamente proporzionale alle qualità delle critiche a esse rivolte e, nel caso dell'articolo di Emanuele Feronato, tali critiche non è che si siano dimostrate proprio il massimo.

Un articolo da Boomer, per nostalgici che fa leva sul classico e disprezzabile "si stava meglio quando si stava peggio". Un qualcosa da criticare ma senza la necessità di un'effettiva argomentazione invocando in nostra difesa una misteriosa mano invisibile che non regola più il mercato ma piuttosto svolge il ruolo di assistenza sociale per mantenere alto lo status di tutte quelle persone che si sono ritrovate all'improvviso in un'interesse di nicchia.

La stessa che ha portato Konami a sfornare tripla A nonostante i pachinko, presumo.

Prima di iniziare a squartare scoiattoli per leggerne le interiora, bruciarle e soddisfare un qualche Dio abramitico per sentirci meglio quando ci ripeteremo che no, in nessun modo Netflix inciderà sui film in sala, magari dovremmo vedere se una situazione del genere è già capitata in passato per vedere se abbiamo da temere un qualche evento storico in vena di tornare a ripetersi.

Due sono gli eventi che mi sono venuti in mente, il primo è un fenomeno tutto italiano mentre il secondo riguarda invece tutta l'internet.


Vi prego, smettete di leggere narrativa fantastica.

Eravamo attorno al 2008 e l'Italia è stata afflitta dai libri della Troisi e da un esercito di marmocchi spacciati per autori emergenti che avevano come unica qualità l'essere l'uno più giovane dell'altro. Si parlava di "New Italian Epic" e un'ondata di nuovi lettori si fiondava in libreria mentre quelli vecchi, che avevano maturato un certo gusto, smettevano interessandosi invece alla critica che aveva raggiunto proprio in quel periodo il suo apice.

Un periodo disseminato di idoli che ha ridotto la narrativa italiana nello stato pietoso in cui si trova oggi, dove ancora circolano mattoni ispirati a Tolkien che non vanno bene nemmeno per accendere un fuoco. Un periodo in cui gli editori hanno cercato di allargarsi a un nuovo pubblico che ha portato, inevitabilmente, a ignorare quello precedente, oramai vecchio e stantio, che si trovava con traduzioni fatte sempre più alla buona su libri tagliati e con sopra incollate copertine rubate a un qualche artista oltreoceano.

Nessuna mano invisibile ci ha salvato e oggi leggere è un campo minato e così anche scrivere, sia mai finire disprezzati per aver pubblicato un fantasy. Era meglio il vaiolo. Ma questa è una ferita che si sta rimarginando e non è detto che la situazione in futuro non possa cambiare in meglio. Ma c'è una cosa che non tornerà mai più come prima.


Vi prego, smettete di navigare sull'internet.

Si tratta di un mondo che non rivedremo mai più che si è rintanato perennemente nelle vie più nostalgiche dell'internet. Un periodo storico dove la gente vedeva la propria presenza sul web attraverso una pagina personale invece di una vetrina sui social, dove si navigava per interessi invece che fra articoli sponsorizzati e/o sulla base degli interessi della massa. Si parla di un periodo storico dove si discuteva di Web3.0 (invece di Web3), dove l'interesse per il futuro di internet era basato sull'informazione, sul web semantico, sulla tecnologia e dove non tutto era e doveva essere pensato esclusivamente per generare profitto.

Un'omologazione dell'internet causato dalla presenza dei CSM che, facendo leva sulla pigrizia dell'utente, si sono diffusi a macchia d'olio in maniera massiccia anche dove erano più un peso che una soluzione tanto da trasformarsi in uno standard di riferimento. Tanto da creare il mito di un documento HTML impossibile da scrivere senza un qualche strumento o una laurea in informatica.

Non ci siamo preoccupati di quello che stavamo perdendo, non c'è ne siamo nemmeno accorti e anzi ne eravamo pure felici. Il male al cuore viene nel momento in cui ci guardiamo indietro potendo soltanto immaginare ciò che avremmo potuto avere oggi se avessimo proseguito per quella strada. Ma la massa era da tutt'altra parte e invece di accoglierla, di educarla, abbiamo lasciato che a gestire il tutto fosse chi, come unico merito, si dimostrava di saper vendere meglio il proprio prodotto. Chi aveva l'esca più bella e che ha abituato tutti noi con il suo gusto.


Cosa ne abbiamo fatto di chi ci avvertiva di questi pericoli? Di chi ci ha detto che pubblicando porcherie la gente avrebbe smesso di leggere e di chi si è messo a parlare dei pericoli del monopolio dei social network e dei motori di ricerca. Li abbiamo presi in giro, ci siamo messi a fare delle ipotesi sul futuro sulla base di ciò che volevamo sentirci dire oppure ci siamo messi a parlare dell'inevitabilità della morte. Non abbiamo fatto niente. No, peggio: ci siamo messi in massa a zittire chi esponeva tali critiche invece di arricchirne il discorso.

Ma tanto moriremmo tutti, quindi pazienza: probabilmente non saremmo noi quelli che si guarderanno indietro e rimpiangeranno, con fare nostalgico, tempi che non hanno mai vissuto.